2006·03·16 - Espresso • Rossini·S (Fagioli Bertinotti)

Fagioli alla Bertinotti


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Attualità – Personaggi / Lo psicoanalista d’assalto

C’è un nuovo capitolo nella pirotecnica vita del guru dell’anima: il colpo di fulmine con il leader comunista

Il lungo sodalizio con Bellocchio. E poi anche la progettazione di fontane e palazzi

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• Da sinistra: Massimo Fagioli; scultura ispirata dallo psicoanalista a Roma; il Palazzetto Bianco in via San Fabiano; la libreria Amore e Psiche.
• Sotto: Fausto Bertinotti. In basso: “Il diavolo in corpo” di Marco Bellocchio

di Stefania Rossini
l’Espresso — 16/3/2006 (giovedì 16 marzo 2006), pp. 88-89.


Chi l’avrebbe detto che Massimo Fagioli avrebbe ritrovato la strada della politica in cosi tarda età e con tanto fracasso mediatico? Chi poteva immaginare che il suo incomprensibile carisma avrebbe compromesso il rilancio del settimanale “Left-Avvenimenti”, consumato nel giro di due numeri in livide battaglie intestine, risolto con il licenziamento dei due direttori e con il suo personale trionfo?

Erano almeno vent’anni che Fagioli operava quasi in clandestinità, dimenticato dai giornali, ignorato come sempre dal mondo scientifico, venerato soltanto da un fedelissimo gruppo di adepti, che si componeva via via di reduci dei movimenti giovanili in cerca di senso, di cineasti in cerca di pace, di architetti in cerca di ispirazione. Lui, psicoanalista eretico che si era conquistato la notorietà dando dell’imbecille a Freud e conducendo mastodontiche assemblee di cosiddetta “analisi collettiva”, non aveva perso la grinta, ma certo non aveva più trovato la presa su un pubblico vasto.

Finita la stagione dei movimenti, dove gli era sembrato possibile dirigere le anime di affaticati reduci della sovversione, logorata dall’abitudine la lunga unione con Marco Bellocchio, che aveva tallonato sul set di tutti i film, lo psichiatra si era dato alle arti varie, firmando mobili, sculture, piazze, fontane e disegnando persino un edificio a uso abitativo. Come Leonardo da Vinci, lo consolavano i fedeli, ma lui vivacchiava: la grandeur dei giorni migliori sembrava persa per sempre.

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Poi, l’incontro fatale che gli cambia la vita e lo riporta in orbita. È uno di quegli incontri che non ti aspetti più e che proprio per questo sono più intensi, come gli amori tardivi che riaccendono i perduti sensi. In casa di amici, una sera del 2004, Fagioli conosce Fausto Bertinotti. I due si annusano un po’, scrutano le idee reciproche, si piacciono. Sono due grandi seduttori e si seducono a vicenda. Bertinotti, alle prese con il mutamento della politica e con la meditazione sui testi di San Paolo, ha grande sensibilità per i nuovi linguaggi. Fagioli gliene fornisce a iosa, da apparentemente nuovi, come «l’inconscio mare calmo» di sua personale invenzione (una specie di fantasia ricordo originata dal rapporto del feto con il liquido amniotico) alla triade Liberté, Égalité, Fraternité, che proprio sua non è, ma che lui ha risciacquato in acque psichiche.

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Per qualche tempo la nuova talpa scava in silenzio nella coscienza del leader comunista. Poi, a novembre dello stesso anno, i primi frutti. Davanti a un’affollata platea di fagiolini (così vengono chiamati i seguaci dello psichiatra) in cui è stato coinvolto anche il vecchio Pietro Ingrao, Bertinotti presenta un suo libro ed esalta per la prima volta la non violenza, senza alcuna riserva per la propria tradizione politica. Il dado è tratto e lo psichiatra già ne gongola.

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Ma il compimento dell’incauto salto dalla “Lettera ai romani” alla “Teoria della nascita e castrazione umana” (fondamentale e indecifrabile saggio di Fagioli del 1971) si consuma a luglio del 2005, quando il leader comunista sceglie l’elegante libreria al centro di Roma Amore e Psiche, disegnata dallo stesso Fagioli e suo luogo di culto personale, per annunciare con linguaggio desiderante la partecipazione alle primarie dell’Ulivo. Al termine Fagioli lo abbraccia e lo spinge verso la folla gridando: «Votatelo! È vostro!». Ai cronisti dirà più pacatamente: «Lui stesso lega la scelta della non violenza alle mie teorie».

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La confusa vicenda di “Left-Avvenimenti” è così la quasi inevitabile conseguenza di questo incontrastato amore. Un nuovo editore, Ivan Gardini, che non si dice fagiolino, un nuovo direttore editoriale, Luca Bonaccorsi, che scriveva su “Liberazione”, organo del partito di Bertinotti, e che ritiene Fagioli «una delle voci più originali nel dibattito sui valori della nuova sinistra» mettono in pagina senza avvertire il direttore Adalberto Minucci, né il condirettore Giulietto Chiesa, una rubrica del vecchio psichiatra. Vi si parla di politica e religione, ma ci sono anche pillole di teorie personali, come quella che colloca l’inizio della vita nel momento in cui la luce stimola la retina. Ne nasce uno scandalo di modi e contenuti da cui escono scontenti tutti. I due direttori che si dimettono, sospettando una segreta liaison con Rifondazione comunista, ma anche i due editori che difendono la qualità del pensiero fagioliano senza convincere nessuno e vedono scappare collaboratori come Vauro, Emergency, Nando dalla Chiesa e Marco Travaglio.

L’unico vincitore è proprio il vecchio guru che mantiene la rubrica e rivendica esplicitamente la paternità del rinnovamento del settimanale: «Certo, il progetto editoriale è loro, ma si lega alla mia ricerca psicoanalitica, è chiaro». Anche l’acronimo Left gli apparterrebbe, come riferimento alle parole chiave della Rivoluzione francese, più la “T” che sta per Trasformazione e che viene da Marx, il quale però ultimamente non gode più i suoi favori. In verità, anni fa gli aveva attribuito l’inedito merito di «aver intuito la psicoanalisi», ma la caduta del Muro deve aver rimescolato i principi.

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Ora, per capire se Bertinotti è davvero nei guai psicoideologici e se gli riuscirà facile sciogliersi dall’abbraccio di questo curioso affabulatore del secolo scorso, vale la pena di ripercorrere brevemente le tappe del suo pensiero e del suo istrionico cammino. Non è impresa difficile perché, arrivato all’età di 75 anni, Fagioli ha ripetuto all’infinito i punti chiave della sua ricerca, mentre è di questi giorni il suo quinto saggio intitolato semplicemente, come si addice ai grandi, “Lezioni 2002”.

I primi saggi, quelli fondativi, avevano invece titoli più fantasiosi come “Istinto di morte e conoscenza” o “La marionetta e il burattino”. Contenevano formule di non sense psicoanalitici e picconate così forti all’edificio freudiano che, nel 1975, gli costarono l’espulsione dalla Società psicoanalitica italiana, insieme al discepolo Antonello Armando. Troppa severità, si disse, ma non doveva esser facile per i paludati psicoanalisti dell’epoca tenersi uno che chiamava Freud «lo scemo che non aveva capito niente» e che spiegava così la “pulsione di annullamento” sua scoperta fondamentale: «Fa di ciò che è ciò che non è, cioè non esiste, e fa di ciò che è stato ciò che è».

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L’espulsione segnò però l’inizio della fortuna mondana di Fagioli. Essere invisi al cosiddetto «potere borghese e normalizzante» era già una patente di sinistra e il nostro ne fece un’arma di seduzione per anime erranti orfane di ideologia. Riempì così mastodontiche assemblee dove distribuiva interpretazioni alla ventura su sogni, lapsus e manchevolezze, fustigando con violenza quelle che considerava «le tre streghe»: l’invidia, la bramosia e la fantasia di sparizione. Tutti sembravano capire quello che diceva, tremavano e invocavano salvezza e verità attraverso un continuo grido ritmato “Massimo, Massimo!”, che stringeva il cuore all’osservatore non incantato.

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Trent’anni dopo, le ideologie sono ormai parolacce, ma i seminari, che lui paragona a «scopate liberatorie», sopravvivono anche se più quieti, mentre il nostro fa incursioni in altre discipline. Con Bellocchio scrive sceneggiature e si insinua nelle regie, come durante le riprese del “Diavolo in corpo” quando si rende inviso alla troupe per via di suggerimenti invasivi e troppo sboccati persino nel mondo del cinema. Con Paola Rossi, architetto, firma una palazzina romana a forma di prua. Con altri architetti prepara il restyling di una piazza romana e ne disegna la fontana. Ma quando prova a far tutto da solo, come nel caso del film “Il cielo della luna”, da lui scritto, diretto, interpretato e musicato nel 1998, è un flop imbarazzante. Fagioli ha bisogno di una spalla per esprimere al meglio la sua poliedrica creatività. Così ora tocca a Bertinotti. Che San Paolo gliela mandi buona.




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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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COMMENTO — A questo articolo risponderà — commentandolo insieme a quello pubblicato nello stesso giorno su “Panorama”, a firma di Valeria Gandus — lo stesso Fagioli con un suo articolo che verrà pubblicato su “Left” il giorno successivo (il 17 marzo, qui), intitolato ‹Una donna, il pensiero / di un uomo, un’altra donna›.


[A·0]• Nel testo originale della didascalia: «[…] scultura ispirata dallo pisicoanalista [sic!] a Roma», è un evidente refuso; dev’essere — almeno nelle intenzioni del redattore — “psicoanalista”, anche se Fagioli, pur avendo seguito anche il training psicoanalitico, ha sempre rifiutato questa qualifica, preferendo quella ben più seria di “psichiatra”; corretto.
IBID.• Nel testo originale della didascalia: «[…] “Il diavolo in corpo” di Marco Bellocchio», ma in realtà il titolo del film è ‹Diavolo in corpo› (senza articolo); ‹Le diable au corps› (Il diavolo in corpo, 1923) è invece il titolo originario del romanzo di Raymond Radiguet, nonché quello della 1ª versione cinematografica che ne fu tratta nel 1947 da Claude Autant-Lara (vedi wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Diavolo_in_corpo).

[A·4]• «In casa di amici, una sera del 2004, Fagioli conosce Fausto Bertinotti»: episodio completamente inventato dalla Rossini (che potrebbe tutt’al più averlo raccolto da fonte poco attendibile), come avrà occasione di ribattere lo stesso Fagioli nel suo articolo su “Left” pubblicato il giorno successivo (qui).
IBID.• Nel testo originale: «[…] da apparentemente nuovi […] alle [sic!] triade Liberté, Égalité, Fraternité […]», è un evidente refuso; dev’essere “alla”; corretto.

[A·5]• «Davanti a un’affollata platea […] in cui è stato coinvolto anche il vecchio Pietro Ingrao […]»: quest’ultimo però non era in platea bensì sul palco, assieme a Bertinotti.

[A·6]• «[…] Fagioli lo abbraccia e lo spinge verso la folla gridando: “Votatelo! È vostro!”»: anche questo sembra un episodio assai poco credibile; probabilmente un incubo che la Rossini ha scambiato per realtà.

[A·7]• «I due direttori che si dimettono, sospettando una segreta liaison con Rifondazione comunista […]»: ma se Bonaccorsi aveva già scritto «su “Liberazione”, organo del partito di Bertinotti» (e lo stesso Bonaccorsi era stato l’animatore degli incontri con Bertinotti menzionati sopra), c’era bisogno dell’articolo di Fagioli per sospettare una simile segreta ‹liaison›? Si direbbe più che altro un pretesto.
IBID.• «[…] vedono scappare collaboratori come Vauro, Emergency, Nando dalla Chiesa e Marco Travaglio»: in verità, Vauro ed Emergency torneranno di lì a poco (Vauro firmerà negli anni successivi persino diverse copertine del settimanale). Quanto a Travaglio, è tutt’altro che di sinistra e dopo il suo primo pezzo dedicato alla moglie di D’Alema (e a Dell’Utri) nessuno lo rimpiangerà.

[A·9]• «[…] il suo quinto saggio intitolato semplicemente, come si addice ai grandi, “Lezioni 2002”»: ma “Lezioni 2002” non è il sottotitolo di un volume che s’intitola ‹Storia di una ricerca›? (vedi copertina nella figura) Che poi era il titolo del corso di lezioni tenute da Fagioli all’università di Chieti nel 2002, appunto.

[A·11]• «[…] “le tre streghe”: l’invidia, la bramosia e la fantasia di sparizione»: veramente la 3ª dovrebbe essere l’annullamento, perché al contrario nella teoria di Fagioli la “fantasia di sparizione” è necessaria per la cura; ma queste sono sottigliezze.
IBID.• «[…] invocavano salvezza e verità attraverso un continuo grido ritmato “Massimo, Massimo!”»: anche questa scena non si sa bene dove l’abbia vista, la Rossini, ma qui sembra riferirsi alle “mastodontiche assemblee” che sono in realtà — lo scrive lei stessa nel cpv. successivo — i seminari dell’Analisi collettiva, ovvero sedute di psicoterapia, seppure di un grande gruppo, e non un concerto rock.

[A·12]• «[…] durante le riprese del “Diavolo in corpo” […]»: il film è qui citato correttamente senza articolo, a differenza di quanto avviene nella didascalia (vedi annotazioni ad A·0).

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[] http://www.associazioneamorepsiche.org/wp-content/uploads/2013/02/ESP160306.pdf
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