2014·02·01 - BabylonPost • Fargnoli·D • Heidegger come Platone? Hannah Arendt e l’apologia del nazismo

Heidegger come Platone? Hannah Arendt e l’apologia del nazismo

__________
Vedere nel criminale nazista Eichmann, il cui aspetto era quello di un tetro burocrate, una maschera della commedia dell’arte fu ben più che uno sconcertante “regalo”.
~~~~~~~~~~
Hannah Arendt e Martin Heidegger intorno al 1920
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
di Domenico Fargnoli, psichiatra e psicoterapeuta
BabylonPost — 01/02/2014 (sabato 1 febbraio 2014)


Hannah Arendt, in una intervista rilasciata poco dopo l’uscita del suo libro su Adolf Eichmann a proposito di quest’ultimo usa il termine “Hanswurst” (Giovanni-salamino) che nei sottotitoli è stato tradotto con “fool”. E che io a mia volta ho tradotto con “pazzo”, perché giullare non mi suonava in quel contesto e non riuscivo ad individuare la parola tedesca pronunciata nel video.


[Hannah Arendt “Zur Person” Full Interview (sottotitoli in inglese), minuto 49.27]

Il termine tedesco usato nel passaggio in questione, per quanto mi consta vuol dire più esattamente “buffone”: persona che suscita l’ilarità. Nel dizionario italiano-tedesco “Hanswurst” viene tradotto anche come Arlecchino. «Come figura popolare contadina l’Hanswurst viene introdotta in pezzi del teatro di fiera e itinerante.
Il nome compare per la prima volta in una versione in mediobasso tedesco della [=de] “La nave dei folli” di Sebastian Brandt (1494), mentre nella versione originale veniva utilizzato il nome Hans Myst. Hanswurst era in uso anche come parola ridicola di scherno. Martin Lutero la utilizzò nel 1530 nel “Vermahnung an die Geistlichen, versammelt auf dem Reichstag zu Augsburg” e scrisse nel 1541 il documento polemico “Wider Hans Worst”. Nel XVI e nel XVII secolo si incontrano occasionalmente questi nomi figurativi negli spettacoli carnevaleschi e nelle commedie. Il medico itinerante e reggente del Teatro Kartentor a Vienna dal 1712, Joseph Anton Stranitxky, fece concorrenza alla compagnia della Commedia dell’Arte e sviluppò l’Hanswurst come figura comica tedesca, facendo così nascere il genere del Teatro Popolare tardo-viennese. L’Hans Wurst di Stranitzky portava il costume di un contadino salisburghese, «aveva un cappello con tesa larga ed un bastone di Arlecchino: parlava inoltre uno spiccato accento viennese» [Fonte].

Con questa precisazione il senso della mia analisi svolta nell’articolo “Le risate di Hannah Arendt” non cambia. Anche solo guardandolo in foto, per non dire nei filmati del processo Eichmann tutto sembra fuorché un istrione o un giullare (da “iocularis”) o un Arlecchino (al quale veniva a sovrapporsi talora come un doppio l’Hanswurst).
Hannah Arendt che voleva ridicolizzare Heichmann [=Eichmann] togliendogli ogni carattere demoniaco gli attribuisce, inconsapevolmente quello di un personaggio farsesco diabolico. L’arlecchino (da Holle Konig - re dell’inferno, o Herlechino, demone gigante) era originariamente legato per la maschera nera seicentesca al ghigno del diavolo. Strani scherzi della lingua. Vedere nel criminale nazista il cui aspetto era quello di un tetro burocrate, una maschera della commedia dell’arte voleva comunque dire fargli un grosso regalo. La reazione della Arendt alla lettura degli interrogatori di Adolf Eichmann apparentemente era stata quella di una serie di risate isteriche: però bisogna cogliere qualcosa di più profondo e di più inquietante. La risata come esorcizzazione del demoniaco?

Dico questo perché mi sono imbattuto in un documento video del 2009 che conferma sul piano storico le conclusioni a cui sono arrivato, nel mio post precedente, attraverso un’impostazione psichiatrica. Emmanuel Faye autore de “Heidegger, l’introduzione del nazismo nella filosofia” (L’Asino d’oro, 2012) comincia dicendo che la Arendt non ha mai fatto riferimento in pubblico al nazismo di Heidegger ma anzi ha cercato sistematicamente di nasconderlo. È suo inoltre, secondo il francese, il massimo contributo storico alla propaganda planetaria del “pensiero” del maestro. Hannah pronunciò nel 1969 un discorso apologetico paragonando il filosofo dell’esistenzialismo, per importanza, a Platone (link alla traduzione inglese).



[Emmanuel Faye: Hannah Arendt et Heidegger]

Quindi siamo di fronte ad una attività di occultamento e di mistificazione cosciente, e di camuffamento di idee dal contenuto assolutamente antiumano che hanno ispirato il genocidio e l’assassinio di milioni di persone. È difficile relegare nel campo dell’“isteria” così confinante con la normalità, una condotta che implica una connivenza sia pure indiretta con una prassi criminale di inaudite proporzioni. Non ho potuto vedere il film della Von Trotta: mi dicono però che la studiosa, non voglio dire filosofa, viene descritta come persona di grande umanità e affettività. Se ciò è vero mi domando come sia stato possibile e su quali documenti ci si è basati per fare una ricostruzione storica. Altri hanno precisato che «(…) il film illustra bene la glaciale affettuosità della Arendt, l’astrattezza del suo pensiero e la sua dipendenza da Heidegger».

Il vento che soffia attraverso il pensiero di Heidegger è il nazismo, secondo Emmanuel Faye, e la sua derivazione storica è la filosofia di Platone come chiarisce molto bene Hannah Arendt. La celebrazione degli 80 anni del filosofo nel 1969 si colloca all’apice dell’evoluzione di un rapporto che era ripreso nel 1950 quando Hannah e Martin si sono incontrati di nuovo a Friburgo dopo più di 20 anni dalla loro separazione nel 1928. In quell’occasione Heidegger dichiara che la donna è stata l’unico amore della sua vita: tanto bastò perché ella intraprendesse l’opera di restauro dell’immagine del vecchio amante e maestro. Questa culminò con la dichiarazione che egli fosse il re segreto della filosofia avendo detronizzato nel suo cuore nientemeno che Kant. Naturalmente nei confronti del re filosofo, come nella Repubblica di Platone, è proibita la risata, o meglio di lui non si riesce a ridere. «Gli uomini — scrive Hannah — non hanno ovviamente scoperto il vero significato ed obiettivo della risata forse perché i pensatori, che sono sempre stati mal disposti verso il ridere, non li hanno aiutati sotto questo profilo, anche se alcuni fra loro si sono spremuti le meningi sulla questione di cos’è che ci fa ridere».

A questo punto per me è diventato molto difficile trattenere un sorriso pensando a tutta la storia, quasi incredibile, di Adolf Heichmann [=Eichmann], dell’“Hanswurst”, dell’Arlecchino e del re filosofo.

Articolo originale pubblicato su domenicofargnoli.com
_____
http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=96728
¯¯¯¯¯