2014·12·17 - Stampa • Aimi·A • Maya batte Khmer ZERO a ZERO

Maya batte Khmer ZERO a ZERO

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Questo numero era in uso nelle civiltà mesoamericane già nel I secolo a.C.: molto prima della traccia ritrovata in Cambogia, che uno studioso Usa giudica la più antica
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di Antonio Aimi [*]
La Stampa - Cultura — 17/12/2014

Pochi giorni fa tutto il mondo scientifico è stato sorpreso da un articolo che annuncia l’imminente pubblicazione di un libro sull’«origine del numero zero» (ne ha parlato La Stampa del 25 novembre). Nell’articolo, apparso sulla prestigiosa rivista della Smithsonian Institution, Amir Aczel, un matematico e divulgatore statunitense, racconta con enfasi (lo stesso autore parla della sua ricerca come di una «ossessione») di aver trovato a Sambor, nella giungla della Cambogia, un monumento del 683 d.C. che documenta la più antica traccia dello zero. Ma è proprio vero che quello è lo zero più vecchio del mondo?

Con buona pace di Aczel occorre dire chiaramente che l’antichità dello zero di Sambor è ben poca cosa rispetto a quello delle culture mesoamericane che avevano inventato e usavano questo numero alcuni secoli prima del 683 d.C. Vuol dire che la notizia è una bufala? Certamente no. Anzi, al netto dei toni molto sopra le righe, la notizia, se sarà confermata dalla comunità scientifica, sembra importante e merita l’attenzione di tutti.

Le date sul Conto Lungo


Come è possibile? È possibile perché lo stesso Aczel da un lato non esita a sparare il «primato mondiale» di Sambor, dall’altro riconosce lo zero dei Maya (per lui sminuito dal fatto di non aver mai «lasciato l’America») e spiega che la sua ricerca si limita allo studio dello zero del nostro sistema numerale (quello di numeri cosiddetti arabi). Cercando di non trasformare la questione dell’origine dello zero in una sorta di gara, sembra importante chiarire la situazione, perché conoscere la matematica, i numeri e il loro uso nelle culture precolombiane è un importante passo in avanti per capirle dall’interno.

«Anche in Mesoamerica, come a Sambor», ci spiega l’epigrafista Raphael Tunesi, «le date scritte sui monumenti sono i documenti fondamentali da cui partire per verificare la presenza dello zero. Qui, però, basta una data del Conto Lungo [il ciclo calendariale di 5125,3661 anni di cui si è tanto parlato a sproposito nel 2012, ndr] per dimostrare l’esistenza dello zero, perché questo calendario funziona con lo zero e senza lo zero non esiste. Il Conto Lungo, infatti, era composto da cinque numeri che rappresentavano cinque cicli correlati [quello dei ‹k’in› (giorni), degli ‹uinal› (mesi di 20 giorni), dei ‹tun› (anni di 18 ‹uinal›, cioè di 360 giorni), dei ‹katun› (periodi di 20 ‹tun›, cioè di 7.200 giorni) e dei ‹baktun› (periodi di 20 ‹katun›, cioè di 144.000 giorni)] che andavano da zero a 19 e, in un caso, da zero a 17 e poi si azzeravano facendo aumentare di una unità il ciclo superiore».

A quanto dichiara Tunesi si possono aggiungere due osservazioni importanti:
1) i numeri del Conto Lungo avevano un valore posizionale e potevano essere usati per far di conto, come ha mostrato la recente scoperta della «lavagna» (in realtà, un muro bianco) dello scriba di Xultun;
2) se si considera che il Conto Lungo, prima di essere adottato dai Maya, era stato inventato dalle culture epiolmeche negli ultimi decenni del primo secolo a.C., appare evidente di quanto l’America precolombiana abbia anticipato il Vecchio Mondo.

Invenzioni indipendenti


Limitandosi, infine, alle date mesoamericane che effettivamente mostrano lo zero, tra quelle che precedono il monumento di Sambor, si può segnalare l’iscrizione del verso della Stele 31 di Tikal, che si apre con la data del Conto Lungo 9.0.10.0.0 (10 dicembre 435) e che fu eretta durante il regno di Sihyaj Chan K’awiil (411- 456 d.C.). Pur non volendo trattare la questione dell’origine dello zero come una gara, pare evidente che il primato di Epiolmechi e Maya è indiscutibile.

Tuttavia, dato che la ricerca di Aczel non si limita solo a questa questione, ma prende in esame anche la questione della diffusione del numero dalla Cambogia all’India, agli Arabi, a Fibonacci, è interessante osservare che in America non ci fu nessun processo del genere, perché, al di fuori della Mesoamerica, le culture precolombiane mostrano non solo di non aver recepito l’invenzione dello zero, ma nemmeno quella della scrittura di cui i numeri erano parte fondante. È noto, infatti, che nell’Area peruviana, che ebbe contatti abbastanza regolari ma indiretti con la Mesoamerica, il sistema di calcolo era totalmente differente e che, in quechua, la lingua degli Inca, non esisteva una parola per indicare lo zero. Non solo, ma anche nella Mesoamerica il Conto Lungo cessò di essere usato dagli stessi Maya alla fine del Periodo Classico e non fu mai adottato dalle altre culture mesoamericane.

Quindi, contro le favole di un facile diffusionismo, occorre riconoscere che ogni cultura ha le sue idiosincrasie e non è affatto detto che l’arrivo di un’invenzione potenzialmente utile (lo zero, la scrittura, ecc.), porti ad accettarla.

Volendo, però, fare l’avvocato del diavolo, si potrebbe riconoscere che rimane aperta una questione. Visto che lo zero della Mesoamerica è più antico di quello della Cambogia, è possibile che, al contrario di quanto generalmente si pensa, abbia attraversato il Pacifico e sia andato dall’America all’Asia? Premesso che risposte certe, ovviamente, non ci saranno mai, occorre dire con chiarezza che:
1) oggi come oggi non c’è uno straccio di dato a favore di questa ipotesi;
2) lo scenario di un contatto diretto o attraverso intermediari tra la Cambogia e l’Area Maya è inconsistente.

Pertanto, occorre prendere atto che, quasi certamente, lo zero è il risultato di due invenzioni indipendenti.

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[*] Professore di Civiltà precolombiane all’Università degli Studi di Milano.

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• http://www.lastampa.it/2014/12/17/cultura/maya-batte-khmer-zero-a-zero-qFjqWh2g3HnBNL18K9ZAcO/pagina.html
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