2014·12·30 - Manifesto • Negri·T • Marx, Foucault e la grammatica del comune

Marx, Foucault e la grammatica del comune

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di Toni Negri
Il Manifesto — 30/12/2014

Percorrendo il secolo che divide Marx da Foucault e analizzando la diversità delle forme di sfruttamento, di lotte e di modi di vita, vanno fissati alcuni punti che evidenziano le differenze.

Prima differenza. In Marx, l’unità del comando si mantiene nella figura del potere sovrano. Il governo è unificato nella volontà del capitale. In Foucault, l’unità del potere è invece sciolta e nella «governamentalità» si articolano in forma plurale produzioni di potere diverse e diffuse.

Seconda differenza. In Marx, nel capitale si riassume il dominio, le dinamiche storiche dello sviluppo sociale si susseguono sul ritmo delle differenti «sussunzioni», in una univoca prospettiva di «capitalizzazione» — quando non si voglia dire di «statalizzazione» — del sociale. In Foucault, il biopotere si decentra, la sua diffusione avviene per germinazioni diverse, le articolazioni del potere si singolarizzano. Siamo a fronte di una «socializzazione del politico».

Terza differenza. In Marx, il comunismo si organizza attraverso la dittatura del proletariato, che sola può costruire la transizione dalla società capitalista ad una società senza classi. In Foucault, il regime politico della liberazione si organizza nella soggettivazione, si singolarizza come libertà, pone nella produzione in maniera illimitata la costruzione di felicità comune.

Possono essere corrette o riavvicinate queste indubbie differenze? Le divisioni concettuali che, pur sulla base di una medesima linea ontologica, son date possono esser tolte? Possono, probabilmente, esser rese meno importati di quanto sembrino. Per esempio, alla prima differenza — la concezione organica dello Stato e del comando in Marx — è fortemente attenuata, sul livello politico, dall’analisi storica dei comportamenti delle classi sociali, dal dispositivo interpretativo della «guerra di classe» e dei suoi effetti transitori e multipli; e poi dalle ipotesi (e dalle critiche) «comunarde» sviluppate nei suoi diversi scritti storici. È comunque soprattutto sul terreno della critica dell’economia politica che quella concezione è profondamente modificata quando dall’analisi dei processi produttivi e riproduttivi — in figure fortemente centralizzate e astratte — Marx passa all’analisi della circolazione sociale delle merci, riconducendo i processi produttivi ai processi di formazione del valore; poi riscendendo verso l’analisi del salario e di conseguenza alla descrizione delle classi sociali e dei modi di vita. Il moltiplicarsi e il diffondersi dei meccanismi di potere disegnano allora larghi spazi quando la società diventa fabbrica, i processi di potere si moltiplicano, divengono differenti, e su queste differenze si mettono letteralmente in pulsazione.

Alla seconda differenza: a fronte della «capitalizzazione» ovvero della «statalizzazione della società» (che si presenta in maniera estremamente violenta nell’«accumulazione originaria») si dà anche in Marx una certa «socializzazione dello Stato» che appare nel processo di trasformazione del modo di produrre capitalistico, dalla «sussunzione formale» alla «sussunzione reale». Roberto Nigro ha soprattutto insistito su queste analogie della sussunzione fra Marx e Foucault; mentre Pierre Macherey ha cercato di cogliere, attraverso l’analisi di queste trasformazioni della società, quella mutazione del «soggetto prodotto» in «soggetto produttivo» che sta per Foucault al centro del problema della soggettivazione.

Alla terza differenza — quanto al comunismo marxiano, alla dittatura del proletariato e, di contro, al suo rovesciamento ontologico nella teoria della soggettivazione foucaultiana — si può forse qui stabilire una qualche somiglianza, avendo presenti le pagine sul comunismo, il ‹General Intellect› e l’«individuo sociale» nei ‹Grundrisse›. Questa simiglianza diventerà evidente nelle Lezioni foucaultiane a partire dal ’78, e probabilmente risulta il frutto di discussioni avvenute con amici, colleghi e collaboratori nei circoli foucaultiani dell’epoca e comunque nella registrazione di una storiografia di matrice marxista — penso in particolare al lavoro di Edward P. Thompson.

Tra singolarità e astrazione
In Foucault è espresso, nella maniera più alta, questo essere immersi in una nuova ontologia del presente. Un essere comune: dove la dipendenza reciproca e multilaterale delle singolarità costruisce l’unico terreno sul quale sia possibile porre l’interrogativo conoscitivo e cercare la verità. Liberarsi di quella cultura significa sbarazzarsi del soggetto sovrano e del concetto di coscienza — e con essi di ogni teleologia storica. Significa concepire l’ontologia come tessuto e prodotto della praxis collettiva. Alla metà degli anni Settanta, leggendo quanto Foucault aveva a quel momento prodotto, percepivo una impasse e mi chiedevo se essa non dovesse esser superata, oltre il culto strutturalista dell’oggetto e la fascinazione spiritualista del soggetto, da una pulsione alla soggettivazione, alla costruzione ontologica de l’«a-venire». Ciò è avvenuto a partire dalla fine dei Settanta.

In Marx siamo di fronte ad una medesima forma di radicamento ontologico. Un radicamento nella/della presenza storica ed il suo ricostituirsi continuo. Manca una qualsiasi metafisica del soggetto. Il tessuto ontologico è il medesimo di quello fin qui segnato come «nuova ontologia>. Assumere questa immediatezza ontologica non significa non tenere in conto la diversità dei periodi storici e conseguentemente delle «forme di vita» alle quali la riflessione si applica, per esempio in Marx e Foucault, ma semplicemente essere in grado di confrontarle su una base omogenea.

Una versione più lunga di questo testo è pubblicata nel sito Internet: www.euronomade.info (qui).

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