2015·02·11 - BabylonPost • Drummond·EB • IYL2015: Anno della fotonica, della luce divina o di un’identità nuova a Sinistra?

IYL2015: Anno della fotonica, della luce divina o di un’identità nuova a Sinistra?

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Comprendere il ruolo della luce nella dinamica della nascita, così come teorizzato da Massimo Fagioli, consente di affermare che all’origine dell’essere umano non c’è scissione.
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di Edoardo B. Drummond
BabylonPost — 11/02/2015 (mercoledì 11 febbraio 2015)



In occasione della cerimonia di inaugurazione dell’Anno internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla Luce [1], “Il Sole 24ore” ha anticipato l’intervento che Mons. Ravasi avrebbe tenuto alla sede dell’Unesco di Parigi [2]. Nell’articolo si sottolinea come la luce sia dotata «di uno sterminato spettro di iridescenze metaforiche, soprattutto di qualità religiosa». Dopo aver passato in rassegna le valenze simboliche della luce in un’ampia varietà di religioni del passato e del presente, dalla cultura egizia ai Rig-Veda indiani, al buddismo, alla ‹Genesi› nella cultura ebraico-cristiana, all’Islam, passa ad esporci il grande progresso segnato dalla teologia cristiana: invece di identificare «la luce (soprattutto solare), con la stessa divinità» essa «introduce una distinzione significativa: la luce non è Dio, ma Dio è luce». In altri termini, la luce sarebbe da un lato — e non si sa bene quanto vada inteso alla lettera — un passo iniziale della creazione, «una sorta di Big bang trascendente», dall’altro «viene assunta come simbolo della rivelazione di Dio e della sua presenza nella storia».

La religione — ci vien detto a chiare lettere — si è interessata della luce molti secoli prima che se ne occupassero gli scienziati, ha saputo evidenziarne il valore simbolico — è riuscita a “dare un senso”, diremmo noi, all’esistenza dell’essere umano sulla Terra — basandosi essenzialmente sulla «dialettica luce-tenebre» (ben nota metafora del conflitto tra Bene e Male), e fornendo in tal modo alla cultura occidentale «un paradigma sistematico esemplare generale, dotato di una coerenza interna significativa».

Sembra evidente il tentativo — confermato peraltro da un secondo articolo della filosofa Nicla Vassallo che appare sulle stesse pagine del “Domenicale”, intitolato ‹Disaccordo, ma con razionalità[3] — di sostenere che «scienza e fede cristiana (o altri tipi di fedi)» possono non solo coesistere, ma persino interagire positivamente, sulla base della ragione, opponendosi insieme tanto «all’ignoranza come a fondamentalismi e a tradizionalismi». Di fatto — diremmo noi — spartendosi l’essere umano: la scienza persegua pure la conoscenza della realtà materiale, medicina del corpo inclusa, riconosca però che il pensiero è, e resterà sempre di competenza esclusiva della dottrina religiosa.

Qualche giorno più tardi, il 24 gennaio, esce nelle edicole il secondo numero di “Left” di quest’anno, che nelle sue pagine culturali dedica all’argomento un articolo di Pietro Greco. «Il 2015 passerà alla storia come l’anno della fotonica» riporta sotto il titolo, e aggiunge: «Il futuro sarà un nuovo Rinascimento dominato dalle leggi scientifiche dell’ottica». L’autore ripercorre, nel breve spazio di due pagine, le tappe fondamentali delle indagini scientifiche sulla luce, a partire dal trattato sull’‹Ottica› e dagli ‹Elementi› di geometria nei quali il greco Euclide, attivo ad Alessandria d’Egitto tra il IV e il III sec. a.e.v. (‹ante era vulgaris›), aveva esposto in modo sistematico le conoscenze dell’epoca. La sua concezione — è l’occhio che emana raggi di luce, i quali si propagano in linea retta e vengono riflessi indietro dall’oggetto — si contrappone a quella del quasi contemporaneo Aristotele (che ad Atene fu discepolo di Platone), il quale sostiene che la luce sia piuttosto un “accidente” — una “perturbazione” diremmo oggi — di un mezzo trasparente (sia esso aria o acqua) interposto tra osservatore e oggetto osservato. Gli studi sull’ottica passano, quasi cinquecento anni dopo, per Claudio Tolomeo (II sec.), il cui ‹Trattato matematico› anche noto come ‹Almagesto› (‹Il grandissimo›, nella successiva traduzione araba), costituirà un’autorità assoluta in campo astronomico per più di tredici secoli (fino alla proposizione del sistema eliocentrico da parte di Copernico, nel ‹De revolutionibus orbium coelestium›, del 1543).

Sappiamo che in seguito al declino dell’Impero romano e al contemporaneo affermarsi del monoteismo, il confronto tra diverse teorie e il progressivo accrescersi delle conoscenze sul mondo naturale si interruppero bruscamente, e la scienza ellenistica precipitò nel baratro dell’oblio, con la distruzione dei suoi principali centri culturali (ce lo racconta lo stesso autore ne ‹La Scienza e l’Europa. Dalle origini al XIII secolo›, L’Asino d’oro, 2014). Già dopo l’Editto di Tessalonica (380 e.v.), col quale Teodosio I proclamava il cristianesimo religione ufficiale dell’Impero e bandiva ogni religione e cultura pagane, venne messa in atto dai cristiani la pratica romana della ‹damnatio memoriae›, con la sistematica e radicale cancellazione di quanto potesse ricordare l’antica cultura ellenistica.

La grande Biblioteca di Alessandria, ad esempio, dove avevano svolto le loro attività prima Euclide e poi Tolomeo, subì danni ingentissimi intorno al 400 e.v., e poi nel 642 quel che non era stato distrutto dai cristiani venne raso al suolo dai conquistatori arabi.

Solo nei secoli successivi, quando ebbe modo di svilupparsi la scienza islamica (il cosiddetto Rinascimento islamico inizia negli anni 754-775, con il trasferimento a Baghdad della capitale dell’impero Abbaside), molti di quei testi antichi furono recuperati, tradotti e commentati dai dotti arabi e persiani — quali al-Kindi (IX sec.) e successivamente Alhazen (X-XI sec.) — e contribuirono per tale via in modo determinante alla nascita di una nuova cultura europea [4].

Comunque sia, riprendendo il filo dell’articolo, in Europa, «dopo la “grande crisi del Trecento”, il Rinascimento è segnato dal “ritorno della luce”» vuoi in ambito artistico (con lo studio della prospettiva) vuoi in quello scientifico e tecnologico: il perfezionamento del cannocchiale porterà difatti Galileo a vedere nei cieli “cose mai viste prima”, e l’invenzione del microscopio avrà di lì a poco lo stesso effetto nel mondo dell’infinitamente piccolo.

La Chiesa cattolica, in un periodo in cui la sua autorità viene messa in discussione da diverse correnti eretiche e infine dalla Riforma protestante, influenza il corso degli eventi in due opposte direzioni: mentre da un lato alcuni suoi esponenti di spicco contribuiscono agli studi e partecipano al dibattito scientifico — ad esempio i francescani di Oxford menzionati dallo stesso autore, come Robert Grosseteste (1170-1253 ca.), ma anche diversi gesuiti, come Francesco Maria Grimaldi (1618-1663) che per primo osservò il fenomeno della diffrazione — dall’altro essa blocca e cerca di controllare, tramite i tribunali dell’Inquisizione, quelle ricerche che rischiano di entrare in contrasto con le sue dottrine. Una vittima illustre dei tribunali ecclesiastici, dopo il rogo di Giordano Bruno, sarà proprio Galileo, il quale se la cavò soltanto rinnegando le proprie scoperte.

Seppur lentamente e con grande fatica, passando attraverso l’Illuminismo e la rivoluzione industriale, la scienza europea riuscirà a rendersi indipendente dalla mentalità religiosa dominante, si comprenderà allora che la luce è legata ai fenomeni elettrici e magnetici, e che anzi consiste proprio di oscillazioni del campo elettromagnetico, le cosiddette onde hertziane. Infine, grazie al lavoro di un gran numero di scienziati, tra i quali Albert Einstein, i suoi aspetti ondulatori e corpuscolari verranno fusi insieme nella teoria quantistica. E proprio alla meccanica quantistica — conclude l’autore — si deve uno degli sviluppi tecnologici più promettenti delle ricerche fisiche attuali: grazie al fenomeno dell’‹entanglement› quantistico, teorizzato fin dagli anni Venti, di recente è stata già dimostrata per via sperimentale la possibilità di realizzare «il “teletrasporto”, l’azione istantanea a distanza tra “quanti di luce”», «un apparente assurdo» che violerebbe quelle stesse leggi della Relatività che sono oggi universalmente accettate.


Al tempo in cui propose la sua teoria, Einstein era tanto certo della validità di quelle equazioni e della linea di pensiero che lo aveva portato a formularle che, quando gli venne chiesto come avrebbe reagito nel caso in cui le osservazioni astronomiche eseguite nel 1919 da Arthur Eddington non avessero confermato le sue previsioni, pare abbia risposto, ironicamente: «In questo caso mi sarebbe dispiaciuto per il Signore. La teoria è esatta».

Lo stesso Eddington, l’anno precedente, presentando ai colleghi la nuova rivoluzionaria formulazione della gravitazione, aveva dichiarato: «Indipendentemente dal fatto che la teoria si dimostri alla fine corretta oppure no, essa merita attenzione perché rappresenta uno degli esempi più belli della potenza insita nel ragionamento matematico». Non possiamo non chiederci, quindi, come avrebbero accolto i due fisici gli sviluppi attuali delle ricerche sulla luce.

Ma tornando al fascicolo di “Left” e voltando pagina, troviamo un contributo di Gianfranco De Simone al dibattito intorno all’origine dell’essere umano, intitolato ‹La differenza ontologica›. Qui l’autore prende spunto dalle posizioni contrapposte espresse di recente da Toni Negri [5] e da Livia Profeti [6] sul ruolo di Martin Heidegger nella filosofia degli ultimi decenni, per riconsiderare ed evidenziare quale sia il fondamento delle teorizzazioni di quest’ultimo, con particolare riferimento all’apprezzamento di cui esse avrebbero goduto e continuerebbero a godere da parte di molti intellettuali che si definiscono di sinistra, e ciò nonostante sulla compromissione del filosofo con l’ideologia e con il regime nazista non vi siano ormai da tempo più dubbi.

Cerchiamo di sintetizzare: Heidegger tenta in qualche modo di superare la scissione tra mente e corpo, quel «dualismo ontologico, di due sostanze separate, incapaci di reagire tra loro e di essere l’una la causa dell’altra» che ha caratterizzato tutta l’elaborazione filosofica occidentale sull’essere umano, a partire dalla «tradizione platonico-cristiana da cui proviene». Questa scissione originaria, di matrice religiosa, viene codificata in ambito filosofico, “secolarizzata”, da Descartes come compresenza all’interno dell’uomo di due entità distinte (‹res cogitans› e ‹res extensa›), e molti dei pensatori successivi faranno del loro meglio per superarla, ritenendola concettualmente insoddisfacente. Passiamo così per Spinoza, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, in cui si afferma progressivamente l’idea che per evitare questo dualismo occorre andare oltre il pensiero cosciente e razionale e recuperare una qualche forma di pensiero irrazionale o prerazionale.

Giungiamo infine a Heidegger, che si propone di «andare nel profondo della mente, nel prerazionale con un linguaggio nuovo», utilizza l’impostazione del biologo von Uexküll, secondo la quale ogni organismo — ma noi diremmo ogni specie — vive rinchiuso in un proprio universo percettivo, un suo “mondo” (‹Umwelt›), ed arriva alla conclusione che «la pietra è senza mondo, l’animale è povero di mondo, l’uomo è formatore di mondo». Vera caratteristica dell’essere umano sarebbe quindi la sua capacità di “formare” un mondo che va oltre, ovvero che lo supera. È a questo punto che entra in gioco la “differenza ontologica”, quella tra l’essere e l’ente: “essere” sarebbe appunto ciò che va oltre, mentre “ente” sarebbe l’uomo concreto, di cui l’essere avrebbe bisogno per “rivelarsi”. Se l’essere ha bisogno dell’ente, allora deve avere al suo interno un “non essere”, e questo “non” viene inevitabilmente ereditato dall’ente (l’uomo) fin dalla nascita, come negatività, come mancanza ontologica originaria, a causa della quale la morte diviene l’unica possibilità di essere.

«Quanto scoperto dallo psichiatra Massimo Fagioli» — come puntualizza lo stesso “Corriere della Sera”, e come De Simone ribadisce, facendo esplicito riferimento alla Teoria della nascita — offre una chiave di lettura indispensabile per comprendere come la teorizzazione di Heidegger vada oltre il pensiero dell’essere per la morte, del resto già diffuso da quasi un paio di millenni nell’ambito della mentalità cristiana (secondo cui la vera vita sarebbe dopo la morte), e approdi all’essere per l’eliminazione dell’altro, per rendere l’altro non esistente e — potremmo anche dire — mai esistito. L’essere radicato nel proprio mondo coinciderebbe con la comunità, con il popolo (‹Volk›), e per essere deve essere capace di eliminare, dapprima con la mente, ma poi anche con una prassi materiale, tutti «coloro (ebrei, zingari, malati di mente) la cui mancanza di mondo ha portato alla mancata realizzazione di esseri umani». La concezione di Heidegger si traduce dunque inevitabilmente nell’ideologia nazista e nella prassi della “soluzione finale”.

Ma la Teoria della nascita costituisce anche l’antidoto contro questo avvelenamento: il fotone che colpisce la retina provoca nel neonato dell’uomo una reazione specifica che è la pulsione di annullamento; questa però non si realizza come istinto di morte perché contrastata dalla vitalità e diventa immediatamente fantasia di sparizione, cioè pensiero. Il neonato “fa sparire” il mondo non umano circostante, mentre crea, dentro di sé, la certezza di un altro essere umano con cui entrare in rapporto, e questa dinamica, che è alla base della socialità e della creatività tipiche della nostra specie, è una caratteristica universale, che non dipende dalla latitudine né dal colore della pelle, né dalla differenza tra uomo e donna, né dall’appartenenza etnica né da quella culturale.

La “differenza ontologica”, collocata dall’ideazione astratta di Heidegger tra “essere” ed “ente”, va invece ricondotta — prosegue De Simone — a quella tra feto e neonato, perché se il «feto è simile nelle funzioni a quello animale», per il neonato vale quanto afferma Fagioli: «La realtà del corpo è mente e la mente è realtà del corpo umano». Non esiste allora nessuno Spirito, nessuna entità non materiale, indipendente dal corpo: «È quindi falso il dualismo ontologico tra spirito e materia, anima e corpo, la scissione è patologia successiva».

Terminata la lettura del testo, rimaniamo ad osservare la frase evidenziata nell’ultima pagina dai bei caratteri rossi: «Scoprire l’origine del pensiero nazista può dare un’identità nuova alla sinistra», e al di là delle parole ci pare essa suggerisca un pensiero fondamentale: nella “storia di copertina” “Left” ci aveva parlato di una realtà attuale in cui continuano ad aumentare le disuguaglianze, i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi; i diritti, conculcati giorno dopo giorno, cedono il passo a ingiustizie e privilegi.

«È il Medioevo del lavoro», dichiara la stessa copertina, e sembra quasi un destino ineluttabile. Poi però cogliamo, tra l’articolo sulla ricerca scientifica e quello sul dibattito filosofico, un filo rosso comune, sottile e tuttavia ben visibile, che è la luce. Possibile che questi due articoli sembrino provenire da due mondi tanto diversi tra loro da apparire non comunicanti?

Concordiamo senz’altro che, anche comparando la situazione attuale del nostro Paese con quella internazionale, sia auspicabile e persino necessario un rilancio della ricerca scientifica e del conseguente progresso tecnologico, e tuttavia ci chiediamo: sarebbero essi sufficienti a ridurre le disuguaglianze, oppure a ripristinare i diritti di chi ne è stato ingiustamente privato?

E se il motore del progresso economico politico e sociale non fosse da individuare nella sola ricerca scientifica? Se lo stesso Rinascimento non fosse stato determinato tanto dal recupero della cultura antica o dall’aggiungersi di nuove conoscenze, quanto piuttosto da un cambiamento nella concezione dell’essere umano che lo ha spinto a ribellarsi all’imposizione di verità rivelate, e quindi a muoversi, andando alla ricerca di verità nuove? Se non solo ogni scoperta, ma anche qualsiasi avanzamento, nell’organizzazione sociale come nella qualità della vita degli esseri umani, fossero sempre legati al rifiuto del pensiero e della cultura dominanti?

Perché, in questo caso, rassegnarsi alla millenaria scissione tra ricerca sui fenomeni fisici (realtà materiale) da un lato, e confronto di concezioni filosofiche (realtà del pensiero) dall’altro, quando lo stesso De Simone ci avverte che «la scissione è patologia»?

È quindi indispensabile trovare una via che ci liberi una volta per tutte dalle incessanti pretese egemoniche di un clero pervasivo e opprimente; una via che attraversando lo stretto passaggio tra scienziati pieni di iniziativa ma materialisti, e ponderosi intellettuali immersi nei loro studi di filosofia, ci conduca a realizzare l’identità vera di una sinistra nuova, un pensiero e una concezione dell’essere umano che forse nella Storia non sono mai esistiti.

Oltre un secolo fa, lo studio della luce condusse i fisici a comprendere che materia ed energia non erano entità separate, ma intimamente legate tra loro, e che potevano convertirsi l’una nell’altra. Oggi, nel 2015, studiare e comprendere l’importanza della luce per l’evoluzione della vita e il suo ruolo nella dinamica della nascita può permetterci di affermare che non c’è, all’origine dell’essere umano, nessuna scissione: potrebbe essere questo, a ben vedere, il senso più profondo dell’occasione che ci offre l’Anno Internazionale della Luce.


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NOTE
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[1] http://www.light2015.org/Home.html.
[2] http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-01-18/dio-e-soprattutto-luce-081633.shtml?uuid=ABLQ4wfC.
[3] http://www.iniziativalaica.it/?p=23627.
[4] Per approfondire, su “Babylon Post”: intervista di Annalina Ferrante, ‹Pietro Greco: l’Europa in crisi d’identità riparta dalla scienza› (http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113699); nonché, di Federico Tulli, ‹Se la scienza sfugge al controllo del pensiero dominante› (http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113177&typeb=0&Se-la-scienza-sfugge-al-controllo-del-pensiero-dominante). [Il sito del magazine “Babylon Post” non è più accessibile. N.d.R.]
[5] Su “Il Manifesto” (http://ilmanifesto.info/marx-foucault-e-la-grammatica-del-comune/), 30 dicembre 2014.
[6] Sul “Corriere della Sera” (http://www.corriere.it/cultura/14_dicembre_28/heidegger-antisemita-perche-razzista-6226209e-8e7b-11e4-9f4a-a1bebd9fbc0e.shtml), 28 dicembre 2014.

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http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=115808&typeb=0&iyl2015-anno-della-fotonica-della-luce-divina-o-di-un-identita-nuova-a-sinistra-
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