Quel duello senza fine tra scienza e buonsenso
__________
Esce il nuovo libro di Odifreddi - Ecco un estratto
==========
L’evidenza inganna: se guardiamo verso l’alto sembra davvero che il Sole
giri intorno alla Terra
Einstein ha distrutto la certezza che se due eventi sono simultanei per
qualcuno, lo sono per tutti
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
di Piergiorgio Odifreddi
Repubblica — 09/06/2015 (martedì 9 giugno 2015)
C’è forse qualcosa di più evidente del fatto che il Sole e la Luna girano
attorno alla Terra, una volta al giorno? Basta un minimo di osservazione, per
accorgersi che entrambi gli astri si alzano, si muovono e si abbassano nel
cielo, in maniera perfettamente analoga. Eppure, oggi sappiamo che questo
genere di "evidenze" è inconcludente, per un duplice motivo: non
solo, com’è ovvio, per l’appello all’autorità, ma anche, e più
sorprendentemente, per quello alla supposta prova dei fatti. In realtà, benché
le osservazioni ci presentino dati paralleli per il Sole e la Luna, il moto del
Sole è solo un’illusione ottica, mentre il moto della Luna è una vera deduzione
logica.
In altre parole, i fatti sono solo indizi, e ci vuol altro per saltare alle
conclusioni: sostanzialmente, serve una visione scientifica, che permetta di
discernere il vero e il reale dal falso e dall’immaginario. La caratteristica
principale di questa visione scientifica sta nella capacità di saper andare
oltre le apparenze, per capire le ragioni profonde dei fenomeni, e vedere il
quadro generale della Natura. Come si può facilmente immaginare, le ragioni
profonde e il quadro generale contrastano sistematicamente con le ragioni
superficiali e i quadri particolari, che costituiscono invece il cosiddetto
"senso comune". Il che spiega, allo stesso tempo, le resistenze e le
difficoltà che gli scienziati incontrano nel diffondere le proprie scoperte tra
la gente comune, appunto. Una lista delle idee più "evidenti" può
addirittura fungere da indice per una ministoria della scienza, i cui capitoli
raccontino come queste idee abbiano dovuto essere faticosamente scalzate, una a
una, per venir rimpiazzate da altre che in origine erano semplicemente
considerate "assurde".
Cominciando dalla geologia, il computo dell’età della Terra basato sulle
fantasiose genealogie bibliche portò nel 1650 il vescovo Ussher a una stima di
circa 6.000 anni, ma salì vertiginosamente quando si cominciarono a usare
metodi scientifici. Nel 1779 il conte di Buffon misurò il tempo di
raffreddamento di una sfera di terra, e ne dedusse un’età del pianeta di circa
75.000 anni. Nel 1862 Lord Kelvin fece calcoli più sofisticati dello stesso
genere, e arrivò a una stima tra i 20 e i 400 milioni di anni. Nel 1927 la
scoperta della radioattività permise ad Arthur Holmes di alzare la soglia tra 1
miliardo e mezzo e 3 miliardi. E nel 1956 Clair Patterson sfruttò i meteoriti
per arrivare alla stima attuale di 4 miliardi e mezzo. Il calcolo dell’età
della Terra costituisce l’esempio archetipico del passaggio dal mito alla
scienza: si sostituisce una favola con una teoria, che dapprima è enunciata in
forma rudimentale e semplificata, e poi viene via via precisata.
Molte altre illusioni "evidenti" derivano invece da una visione
antropocentrica, a misura d’uomo, che impedisce di guardare al mondo con il
necessario senso delle proporzioni. Per accorgersi della rotondità della Terra,
fu necessario allargare lo sguardo, fisico e mentale: ad esempio, osservare il
progressivo apparire di una nave all’orizzonte, o il graduale mutamento delle
costellazioni nei grandi viaggi in direzione Nord-Sud, o la forma dell’ombra
prodotta dalla Terra durante le eclissi di Luna. E il trattato ‹Sul cielo› di
Aristotele testimonia che la consapevolezza della sfericità della Terra era già
stata acquisita ben prima della nostra Era. Si dovettero invece attendere i
‹Princìpi di geologia› di Charles Lyell, tra il 1830 e il 1833, per accorgersi
che i tempi geologici erano incommensurabili con quelli storici, e che piccole
cause potevano alla lunga produrre grandi effetti: ad esempio, scolpire
globalmente la superficie terrestre, nella maniera che a noi oggi appare
localmente immutabile. Il principio del lento accumularsi di piccole variazioni
fu una delle ispirazioni per ‹L’origine delle specie› di Charles Darwin, nel
1859. Ed è proprio nella biologia che le idee "evidenti" opposero, e
ancora continuano a opporre, la più disperata resistenza a quelle scientifiche:
prima fra tutte, ovviamente, quella della fissità delle specie, che la Bibbia
supponeva create una volta per tutte da un intervento diretto del Creatore.
Scalzata quella, l’evoluzionismo produsse effetti a catena: in particolare, l’idea
che l’uomo non fosse altro che una variazione delle scimmie, oltre che l’ultima
insignificante comparsa di una lunga storia. In realtà, solo la sistemazione
definitiva dell’evoluzionismo è opera di Darwin. L’idea che le specie potessero
evolvere era stata introdotta molto prima: nella ‹Lettera sui ciechi a uso dei
vedenti› di Denis Diderot, e nella ‹Storia naturale generale e particolare› del
conte di Buffon, entrambe del 1749. E la prima teoria coerente e completa, ma
sbagliata, era stata enunciata nel 1809 da Jean-Baptiste de Lamarck nella
‹Filosofia zoologica›.
Quest’ultimo introdusse anche un’altra idea "evidente" e dura a
morire: l’ereditarietà dei caratteri acquisiti, condivisa anche da Darwin, e
scalzata soltanto nel 1883 dalla distinzione tra fenotipo e genotipo di August
Weismann.
L’idea non "evidente" che ha causato le più furiose e durature
resistenze fu però, ovviamente, quella del moto della Terra negli spazi
celesti. Che a muoversi non fosse il Sole attorno alla Terra, ma la Terra attorno
al Sole, fu proposto per la prima volta da Aristarco verso il 300 prima della
nostra Era, e l’ipotesi gli procurò da parte degli stoici le stesse accuse di
empietà che i cristiani scaricarono addosso a Galileo duemila anni dopo, nel
1633. La soluzione del dilemma venne da un’altra idea non "evidente",
proposta da Cartesio e Galileo: il principio d’inerzia, secondo il quale le
forze non servono a mantenere il movimento di un corpo, come suggerirebbe l’uso
dell’acceleratore sulla nostra auto, ma a cambiarlo. Nelle mani di Galileo e
Newton, il nuovo principio servì a eliminare una quantità di preconcetti della
fisica: gli stessi che continuano tuttora ad alimentare la cosiddetta
"fisica ingenua", professata da tutti coloro che non sono dei professionisti.
In base al principio d’inerzia, un corpo in movimento non tende a fermarsi, o a
cambiare direzione, a meno che non intervengano delle forze a costringervelo,
come l’attrito dell’aria, o la forza di gravità. È la combinazione fra l’inerzia
e la gravità a spiegare fenomeni tra loro tanto diversi quanto la caduta
perfettamente verticale delle mele dagli alberi, e il permanere della Luna
nella sua orbita. La relatività di Einstein mandò invece in soffitta una delle
idee più "evidenti" a proposito del tempo: che se due eventi appaiono
simultanei a qualcuno, devono apparire simultanei a tutti. Invece non esiste un
tempo universale, valido per tutti, e ciascuno di noi ha un tempo personale,
valido solo per sé. Analogamente, hanno dovuto essere messe in soffitta molte
idee della chimica, che per secoli e millenni hanno alimentato i pregiudizi
degli alchimisti e dei loro ingenui seguaci. Ad esempio, nessuno dei quattro
elementi classici (terra, acqua, aria e fuoco) è un vero elemento, così come d’altronde
nessuno dei due "colori" bianco e nero è un vero colore. E il calore
non è prodotto da qualche fantomatica sostanza, come il flogisto immaginato nel
1667 da Johann Becher, ma dal movimento delle particelle che costituiscono un
corpo o un gas. Particelle che, in maniera per niente "evidente",
sono sempre nello stesso numero in un dato recipiente, qualunque sia il gas che
lo riempie a una data pressione.
Alla base di queste, e molte altre, mancate evidenze sta un’idea
rivoluzionaria proposta da Democrito, divulgata da Lucrezio e confermata dalla
fisica e dalla chimica moderne: l’atomismo. Esso mostra che, se non «siamo
fatti della sostanza dei sogni», poco ci manca: gli atomi che ci compongono,
infatti, sono quasi tutti vuoti. Ma non completamente vuoti come le idee
"evidenti", che la scienza si è assunta il compito di smantellare una
a una, per liberarci gradualmente dalle pastoie dell’ignoranza e della
superstizione.
—————
IL LIBRO - Il testo che qui pubblichiamo è tratto da Il giro del mondo in 80
pensieri di Piergiorgio Odifreddi (Rizzoli pagg. 416, euro 20)
—————
http://spogli.blogspot.it/2015/06/repubblica-9_82.html