2015·10·19 - RepSalute • Pulcinelli·C • “I successi della psicologia? Scientificamente indimostrabili”

“I successi della psicologia? Scientificamente indimostrabili”

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Uno studio rileva che l’efficacia della psicoterapia è sovrastimata. Ma gli specialisti della mente reagiscono. E spiegano perché i loro trattamenti sono affidabili. Come quelli dei neurologi.
È questo uno dei temi trattati sul numero di Salute in edicola martedì 20 ottobre

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Woody Allen sul lettino dell’analista
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di Cristiana Pulcinelli
Repubblica - Salute — 19/10/2015 (19 ottobre 2015)

Quanto sono scientificamente fondate le terapie e le scoperte degli psicologi? Il tema è di quelli che fanno discutere. Ancora di più da quando la rivista Science ha pubblicato un articolo firmato dalla Open Science Collaboration: riferisce del lavoro di un gruppo di ricercatori che per dimostrarne la validità ha cercato di replicare 100 studi pubblicati su tre importanti riviste di psicologia; con esito negativo: solo il 36 per cento delle ricerche riprodotte ha dato risultati significativi. E non è una buona notizia perché la riproducibilità è uno dei cardini del metodo scientifico. In sostanza, un esperimento o un’osservazione devono poter essere replicabili da altri ricercatori e lo studio è considerato affidabile quando i suoi risultati sono sovrapponibili a quelli ottenuti dagli esperimenti ripetuti. E, per dirla con Karl Popper: singoli eventi non riproducibili non sono significativi per la scienza.

Psicologia e neuroscienze. La psicologia, che si occupa di individui e quindi di “singoli eventi”, ha sempre faticato a farsi considerare una scienza. “All’inizio del Novecento gli psicologi comportamentisti - spiega Carmela Morabito docente di Fondamenti di psicologia generale all’università Tor Vergata di Roma - per farsi riconoscere come scienziati, proposero un modello riproducibile: il modello stimolo-risposta. Salvo poi accorgersi che non funzionava bene e introdurre la variabilità individuale”. Negli ultimi anni, però, la psicologia si è trovata come compagna di viaggio le neuroscienze che, grazie a strumenti come la Pet e la Rmn-f, permettono misurazioni precise e replicabili dell’attività cerebrale. Ma anche così resta la variabilità individuale: non sempre le stesse aree si attivano con gli stessi stimoli, tanto per dirne una. Un problema che aveva già individuato lo psicoanalista Carl Gustav Jung quando nel 1952 scriveva: “La cosiddetta concezione scientifica trascura tutti gli aspetti — tutt’altro che irrilevanti — che non è possibile cogliere statisticamente”. E con ciò ci offre una nuova spiegazione dei risultati presentati da Science. Innanzitutto legata alla natura stessa dell’oggetto di studio: forse oggi per quanto riguarda la psicologia non è più così ovvio dire: se non è riproducibile non è scienza.

Il sistema nervoso. “Il sistema nervoso si è rivelato estremamente plastico — continua Morabito — si è visto che anche nelle neuroscienze cognitive prevale la dimensione individuale. Questo vuol dire che la riproducibilità al 100 per cento non esiste. Allora, forse, più che tacciare questi studi di non scientificità, dobbiamo pensare ad una scienza non riduzionista che non guardi solo a parametri basati su fisica e matematica e ai dati statistici, ma che tenga conto dell’imprescindibile dimensione del caso singolo”. Come aveva ben compreso Oliver Sacks.

Psicoterapia e depressione. Ma non è tutto. C’è chi punta il dito contro una cultura iper competitiva, che favorisce i risultati nuovi e seducenti, e sulle riviste che preferiscono pubblicare lavori sensazionali o perlomeno positivi. Lo dimostra con molta chiarezza uno studio appena pubblicato da PLOS One che ha messo in evidenza come i benefici della psicoterapia nella depressione siano stati sovrastimati dalla letteratura scientifica. Proprio perché, sostengono i ricercatori olandesi autori dell’articolo, le riviste scientifiche privilegiano le ricerche che hanno risultati edificanti rispetto a quelle, ugualmente ben condotte, ma con risultati nulli o negativi. E questo è esattamente ciò che è successo: gli autori hanno preso in esame tutti gli studi sugli effetti della psicoterapia nella cura della depressione finanziati dal National Institute of Health degli Stati Uniti e poi sono andati a vedere quanti di questi avevano dato luogo a pubblicazioni. Ebbene, 13 su 55 erano rimasti nel cassetto e si tratta di quelli che avevano portato a risultati negativi. Tutto sommato, quindi, concludono i ricercatori: l’efficacia della psicoterapia è sovrastimata del 25 per cento. La cosa curiosa è che lo stesso è emerso dall’analisi degli studi sull’uso dei farmaci nella depressione: anche la loro efficacia era stata sovrastimata di un 25 per cento.

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http://www.repubblica.it/salute/2015/10/19/news/psicologia_un_rapporto_rileva_che_non_e_dimostrabile_perche_riguarda_individui_uno_diverso_dall_altro-125428885/?ref=HREC1-36
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