2015·11·21 - ItaliaOggi • Gabutti·D • Una finestra di Magritte spalancata da Donatella di Cesare su Heidegger e le sciagure, le infamie e le meraviglie del nostro tempo

Una finestra di Magritte spalancata da Donatella di Cesare su Heidegger e le sciagure, le infamie e le meraviglie del nostro tempo

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di Diego Gabutti
Italia Oggi — 21/11/2015 (21 novembre 2015)

Dopo avere insegnato in Germania e negli Stati Uniti, Donatella di Cesare oggi è professore ordinario di filosofia teoretica alla Sapienza e pubblica da Bollati Boringhieri il suo secondo libro sui Quaderni neri di Martin Heidegger, padre dell’esistenzialismo, l’uomo che smontò e anzi «decostruì» l’idea che la filosofia occidentale s’era fatta nei secoli di se stessa, ma anche il filosofo che tifò per Hitler, che fu antisemita e che non prese le distanze da Auschwitz nemmeno dopo la catastrofe, a guerra finita, quando i forni erano ancora tiepidi e i civilizzati non avevano ancora fatto l’abitudine all’orrore.

Esattamente un anno fa, Donatella Di Cesare ha pubblicato, sempre da Bollati Boringhieri, ‹Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri»›. Era un esame minuzioso dell’«antisemitismo metafisico» del grande filosofo tedesco, che nell’ebreo condannava «l’assenza di mondo», «l’erranza», «l’oblio dell’essere»: colpa, ai suoi occhi, ontologicamente mostruosa, di cui un nazismo a sua volta metafisico (e anche un po’ fantasy, un po’ wagneriano) avrebbe fatto giustizia. Sarebbe stato, anzi, lo stesso «ebraismo» — per effetto delle sue contraddizioni, delle sue «aporie» — ad «autoannientarsi» con il concorso esterno, per dire così, delle SS e dello Zyklon B (Heidegger «vede la Shoah come autoannientamento degli ebrei»).

Oggi Di Cesare pubblica un libro meno teorico e più «storico», più «politico», se non addirittura un libro biografico e autobiografico, sull’eredità filosofica e sugli eredi (tra veri, biologici e autoproclamati) di Heidegger. ‹Heidegger & Sons. Eredità e futuro di un filosofo› (Bollati Boringhieri 2015, pp. 152, 13,00 euro, ebook 6,99 euro) è un libro incalzante, scritto con la chiarezza di chi ha passato la vita insegnando materie difficili e illustrando idee sovente (per non dire sempre) scivolosi [=scivolose?]. È un libro che si legge senza prendere fiato, come una storia di Fantomas, che piaceva ai surrealisti, o come un romanzo espressionista di Thea von Harbou, che forse piaceva al filosofo che si lasciò reclutare dal Führer tedesco. Com’è inevitabile, ‹Heidegger & Sons› è ancora un libro sui ‹Quaderni neri› (è appena uscito ‹Quaderni neri 1931/1938. Riflessioni II-VI›, Bompiani 2015, pp. 711, 28,00 euro). D’ora in poi non sarà possibile pensare la filosofia di Heidegger, da ‹Essere e tempo› (Longanesi 2005) in avanti, senza riflettere anche sui ‹Quaderni neri›, e più esattamente sul loro lato oscuro. Di Cesare, che di Martin Heidegger è una studiosa attenta, è dell’idea che i ‹Quaderni neri›, mentre impoveriscono la figura del filosofo e portano la sua idea d’umanesimo quasi al tracollo, contemporaneamente arricchiscano la conoscenza della filosofia heideggeriana, che a dispetto delle sue zone d’ombra ha riscritto la storia intellettuale dell’Occidente.

Affascinante glossa a margine dell’eredità di Heidegger, storia dei filosofi che lo hanno esaltato, di quelli che lo hanno rinnegato, del suo amore per l’«ebrea» Hannah Arendt, dei semi piantati per ogni dove dalle sue opere, delle società filosofiche heideggeriane, dei suoi figli e nipoti, del «decostruzionismo», dell’heideggerismo di sinistra, del suo orrore per la globalizzazione, del giornalismo (e della pubblicità, della propaganda) secondo Heidegger, di quel che raccontano i ‹Quaderni› e di come vengono letti, manipolati, interpretati dagli eredi del filosofo, ‹Heidegger & Sons› è una finestra di Magritte spalancata sulle sciagure, sulle infamie, sulle meraviglie del nostro tempo.

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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[§·3]• La «filosofia heideggeriana, […] a dispetto delle sue zone d’ombra ha riscritto la storia intellettuale dell’Occidente»: per chi la prende per buona, naturalmente!
•[§·4]• Curiosamente, tra gli allievi, epigoni e sostenitori, la Arendt è l’unica ad essere nominata esplicitamente.
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