2015·11·30 - repubblica.it • Mazzocchi·S & Cantarella·E • Donne e violenza in famiglia, i conflitti hanno un’origine antica

Donne e violenza in famiglia, i conflitti hanno un’origine antica

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Gli scontri familiari arrivano da lontano, dall’alba dei tempi. Dalla famiglia patriarcale alla riforma del 1975
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Eva Cantarella
Non sei più mio padre
Feltrinelli
Pagg. 152, euro 14
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di Silvana Mazzocchi
repubblica.it — 30/11/2015 (30 novembre 2015)

La famiglia, il rapporto tra genitori e figli; nella società moderna, vistosi cambiamenti hanno prodotto una crisi profonda con tensioni e resistenze, scontri e violenze. Ma la conflittualità famigliare a cui siamo abituati, con gli eccessi sanguinosi di cui sono piene le cronache contemporanee, non è un frutto avvelenato della modernità attribuibile alla crisi dell’istituzione famiglia o dei suoi valori, come banalmente si sottolinea. Viene invece da molto lontano, addirittura dall’alba dei tempi, come racconta nel suo ultimo libro, ‹Non sei più mio padre›, Eva Cantarella, scrittrice e studiosa del diritto e della cultura antica, abituata a cercare nel passato le tracce dei problemi del presente.

Ed ecco la famiglia patriarcale, le ribellioni e le storie feroci che popolano i poemi omerici, la mitologia e la tragedia classica. Già in tempi remoti i giovani entravano in conflitto, spesso cruento, con gli anziani; una rivolta contro la gerontocrazia che invadeva perfino il piano socioeconomico, spia “di un serio problema generazionale anche nella vita pubblica”. I miti teogonici, con Crono signore dei Titani che divora i suoi figli, attraverso la famiglia patriarcale di Zeus, fino al rapporto tra Ulisse e Telemaco, figlio obbediente della madre quasi vedova, Penelope. E Ettore modello di morigeratezza, sia nelle vesti di padre che di figlio. E Oreste, la madre assassina Medea, il parricida Teseo e tanti altri… Uno scenario popolato di vendette, di rabbia e crudeltà che spazia in luoghi e tempi diversi; il germe di uno scontro tra giovani e anziani la cui attualità va ricercata nella memoria antica.

• Che cosa, del presente, l’ha spinta a scrivere del passato?
A individuare i miei temi di ricerca sono stati quasi sempre i problemi del presente: molti anni fa la nascita del movimento femminista [+mi?] ha spinta a [=ad?] approfondire la condizione femminile in Grecia e a Roma; più avanti negli anni l’inizio delle lotte per i diritti degli omosessuali mi ha fatto dedicare un libro alla diversità dell’etica sessuale nei secoli e al modo radicalmente diverso da quello moderno con il quale i greci valutavano i comportamenti che oggi chiamiamo omosessuali. Anni dopo le ricerche sulla storia della pena di morte sono nate dalla percezione del diffondersi di sentimenti di vendetta, e di recente l’interesse ai rapporti tra generazioni è stato fortemente alimentato dai discorsi sulla cosiddetta crisi della famiglia e dall’idea spesso ricorrente che questa fosse legata alla modernità.

• Padri e figli, ma anche mogli, mariti, famiglie. C’è una continuità attraverso i secoli?
Sino a pochi decenni [+fa?], oltre agli ovvii mutamenti e mediazioni, la famiglia regolata dai nostri codici, pur così lontana nel tempo, affondava le sue radici nel diritto romano. Per darne un’idea basterà ricordare che l’adulterio era un reato esclusivamente femminile: i mariti infatti venivano puniti solo se tenevano una concubina nella casa coniugale o notoriamente altrove. E ancora, limitandoci per ragioni di spazio a un solo altro esempio: la moglie era obbligata a seguire il capofamiglia (come era ancora chiamato il marito) ovunque questi decidesse di fissare la propria residenza. Per grandi linee, dunque, possiamo dunque [sic!] parlare di una fortissima sostanziale continuità. La rottura è avvenuta, finalmente, solo con la riforma del 1975 che, adeguando le regole giuridiche ai mutamenti della mentalità e del costume, ha stabilito — per citare l’esempio più significativo — che il potere sino a quel momento chiamato “patria potestà” diventasse “genitoriale” e spettasse a [=ad?] ambedue i genitori.

• Ovviamente per grandi linee, si può dire che cosa abbia contribuito alla conservazione e che cosa al cambiamento?
Tra i fattori che hanno contribuito a cambiare la concezione di famiglia e quindi i rapporti tra coniugi e quelli tra genitori e figli, uno di quelli sui quali si insiste forse più spesso, è l’influsso del cristianesimo. La concezione evangelica dei rapporti umani secondo la quale, per usare le parole di Paolo, non vi era differenza “tra uomo e donna, tra giudeo e cristiano” avrebbe modificato profondamente i rapporti interpersonali, addolcendo il rigore di quelli tra il paterfamilias e i suoi sottoposti, e dando nuovo spazio al rispetto della personalità e della dignità degli individui. Come ha messo in luce Paul Veyne (storico francese della Roma antica ndr), peraltro, nella società pagana, con il passaggio dalla repubblica al Principato, si era verificata una metamorfosi dei costumi pagani del tutto autonoma dall’influsso cristiano. Il paterfamilias romano, da capo incontrastato di un gruppo familiare si era trovato a essere semplicemente uno dei tanti sudditi-funzionari, e la sua mentalità aveva cominciato a cambiare, anche in famiglia: se un tempo era soddisfatto dei suoi poteri e dei suoi atteggiamenti di capo-dominatore, ora doveva e voleva assumere l’immagine del marito capofamiglia che non considerava moglie e figli cose di sua proprietà. Ora la moglie doveva essere una compagna, e i figli persone da proteggere e da amare. Alla fine del II secolo d.C. si era così affermata una morale familiare pagana, che nella sostanza era uguale a quella cristiana. Questi, dunque, due fondamentali, concomitanti fattori del cambiamento.

Tra i fattori di continuità mi pare valga la pena ricordare il ruolo svolto dalle madri nella trasmissione ai figli degli stereotipi del maschile e del femminile. Nel mondo romano le mogli affiancavano i mariti nell’educare i figli ai valori sia pubblici sia privati, e per questo — se svolgevano bene il loro compito — erano ricompensate dal rispetto sociale e da grandi onori (ovviamente solo verbali). Inevitabilmente dunque esse erano le persone alle quali toccava il compito di trasmettere una cultura che discriminava il sesso al quale esse stesse appartenevano. Gratificate dal rispetto che circondava in quanto buone madri, le donne, così, sono state lo strumento inconsapevole del perpetuarsi di una mentalità e di regole giuridiche e sociali che sino a non molti decenni or sono le hanno pesantemente discriminate.

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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[3ª]• «[…] nella società pagana, con il passaggio dalla repubblica al Principato, si era verificata una metamorfosi dei costumi pagani del tutto autonoma dall’influsso cristiano […]»: la considerazione sul mutamento di ruolo del paterfamilas fa riferimento a «Paul Veyne (storico francese della Roma antica ndr)»; per maggiori informazioni sul soggetto, cfr. wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Veyne).
• «[…] le donne, così, sono state lo strumento del perpetuarsi di una mentalità […]»: perché mai “inconsapevole”? (dall’impaginazione non è chiaro se la considerazione finale — e questo termine in particolare — sia della Cantarella o della stessa redattrice, Mazzocchi)
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