Atei militanti ecco perché sbagliate
__________Un conto è non rispecchiarsi in alcuna religione rivelata. Altro è credere, in modo assoluto e intollerante, nel grande nulla
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
di Eugenio Scalfari
Repubblica/Espresso — 23/07/2017 (domenica 23 luglio 2017)
•[A·1]•
Gli atei. Non so se è stata mai fatta un’indagine nazionale o internazionale sul loro numero attuale, ma penso che non siano molti. I semi-atei sono certamente molti di più, ma non possono definirsi tali. L’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità, nessun creatore, nessuna potenza spirituale. Dopo la morte, per l’ateo, non c’è che il nulla. Da questo punto di vista sono assolutisti, in un certo senso si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta.
•[A·2]•
Anche quelli che credono in una divinità (cioè l’esatto contrario degli atei) ritengono la loro fede una verità assoluta, ma sono infinitamente più cauti degli atei. Naturalmente ogni religione cui appartengono è molto differente dalle altre, ma su un punto convergono tutte: il loro Dio proclama una verità assoluta che nessuno può mettere in discussione. Nel caso della nostra storia millenaria il mondo è stato spesso insanguinato da guerre di religione. Quasi sempre dietro il motivo religioso c’erano anche altri e più corposi interessi, politici, economici e sociali, ma la motivazione religiosa era comunque la bandiera di quelle guerre, che furono molte e insanguinarono il mondo.
•[A·3]•
Gli atei — l’ho già detto — non sanno di essere poco tolleranti, ma il loro atteggiamento nei confronti delle società religiose è rigorosamente combattivo. La vera motivazione, spesso inconsapevole, è nel fatto che il loro Io reclama odio e guerre intellettuali contro religioni di qualunque specie. Il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente. È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione, vita natural durante, non avendo alcuna speranzosa ipotesi di un aldilà dove la vita proseguirebbe, sia pure in forme diverse.
Con questo non voglio affatto dire che l’ateo sia una persona da disprezzare, da isolare e tanto meno da punire. Spesso i suoi modi sono provocatori, rissosi e calunniosi, ma questo non giustifica reazioni dello stesso genere. Certo non ispirano simpatia, ma questa è una reazione intellettuale di fronte alla prepotenza del loro Io.
•[A·5]•
Infine c’è una terza posizione, anch’essa minoritaria come gli atei, ma profondamente diversa: i non credenti. Non credono a una divinità trascendente, per quanto riguarda l’aldilà suppongono l’esistenza di un Essere e qui si entra in un’ipotesi affascinante che può assumere le forme più diverse. Per alcuni l’Essere è la forma iniziale dell’Esistere, per altri è l’Esistere che dorme, in perenne gestazione; per altri ancora è il caos primigenio, al quale l’energia delle forme torna dopo la morte d’una forma qualsiasi e dal quale forme nuove sorgono continuamente, con loro leggi e loro vitalità energetica. La vita e l’aldilà, da questo punto di vista, sono in continuo avvicendamento del quale noi umani ignoriamo i meccanismi creativi, ma che tuttavia sono in continua e autonoma attività.
•[A·6]•
L’Essere e il Divenire. Ci furono nell’antica Ellade, due filosofi che in un certo senso sono i predecessori di questo modo di pensare: Parmenide ed Eraclito. Non furono i soli, ma certamente i più classici e i più completi, ciascuno dal suo punto di vista.
•[A·7]•
Parmenide definì l’Essere come una realtà vitale ma stabile, non modificabile, il letto della vita che l’Essere contiene ma che non assume alcuna vitalità. Eraclito non ignora l’Essere, ma ipotizza che esso alimenti il Divenire. Si potrebbe dire che la vita dorme nell’Essere e si sveglia nel Divenire. Ammetto qui la mia incompleta informazione culturale: più o meno i due filosofi appartengono alla stessa epoca e alla stessa terra, ma non credo che le date delle loro vite coincidano e tanto meno se abbiano avuto conoscenza l’uno dell’altro.
•[A·8]•
Il più vicino al mio modo di sentire è Eraclito. I suoi “detti” sono lucidi e splendidi così come ci sono stati tramandati. Parlo in particolare di quello che dice: «Ciascuno può mettere una sola volta nella sua vita i piedi nell’acqua del fiume». Quella frase quando la lessi ed ero molto giovane non la capii subito; ma poco dopo ne compresi il senso profondo: l’acqua del fiume scorre e quindi varia di continuo; tu ci metti il piede e quell’acqua non la ritrovi più perché scorre e cambia continuamente. L’acqua è una forma dell’Essere, ma il suo scorrere è la forma del Divenire.
•[A·9]•
Così è la nostra vita, i nostri pensieri, i nostri bisogni, i nostri desideri e la carezza della morte, che uccide una singola forma ma non la sua indistruttibile energia.
•[A·10]•
Questi sono, ciascuno a suo modo, i non credenti. Non credono in un aldilà dominato da una divinità trascendente delle religioni e non credono al nulla nichilista e prepotente degli atei, il cui Io è sostanzialmente elementare; anche se dotato di cultura e di voglia d’affermarsi. In realtà è un Io che non pensa. Un Io che non pensa e non si vede operare e non si giudica. Così è un Io di stampo animalesco. Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene.
________________
TERMINI-CHIAVE
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
• aldilà • ateo (atei, semi-atei, non credenti)
• bisogni (i nostri bisogni)
• clero* (clericali)
• credente* (“quelli che credono in una divinità”, non credenti)
• desiderio (i nostri desideri)
• divinità (creatore, potenza spirituale)
• energia
• Essere (Esistere, Divenire)
• filosofo (filosofi)
• morte
• nulla
• religione (società religiose)
• scimpanzé
• tolleranza* (intollerante, poco tolleranti)
• trascendenza* (divinità trascendente)
• umani (“noi umani”)
• vita
• vitalità (realtà vitale)
_____
(*) espressione non esplicitamente contenuta nel testo.
__________
TOPONIMI
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
• Ellade (sinonimo di Grecia*) _____
(*) denominazione non esplicitamente contenuta nel testo.
___________
PERSONAGGI
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
• Darwin* • Eraclito
• Heidegger*
• Parmenide
_____
(*) riferimento non esplicitato nel testo.
_____________________
ANNOTAZIONI E SPUNTI
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
COMMENTO — A questo articolo fa riferimento l’editoriale di Matteo Fago su “Left” n° 30 del 29/7/2017 (qui). Come si può notare dall’indirizzo della pagina originale (riportato in calce a questa nostra pagina), sebbene il testo sia datato 23/7, esso risalirebbe a qualche giorno prima, precisamente a mercoledì 19/7. Accade così che le date in alcuni riferimenti siano leggermente diverse. Nella foto associata al testo dell’articolo sulla pagina del sito di Repubblica, una suora cattolica (con crocifisso al collo) davanti alla scritta pubblicitaria (presumibilmente dell’UAAR) sulla fiancata di un autobus: «La buona notizia è che in Italia ci sono milioni di atei. Quella ottima, è che credono nella libertà di espressione». •[A·1]• «Gli atei […] si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta»: non si comprende quale nesso ci sia per Scalfari tra l’essere “clericali” — termine che evidentemente proviene da “clero” — e il concetto di verità. Si veda, ad esempio la definizione di “clero” data da wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Clero):
Il clero è quella parte di fedeli che, nell’ambito di una religione, ha un ruolo distinto e spesso direttivo o anche semplicemente retribuito.Evidentemente, deduciamo, per Scalfari la “verità assoluta” è sempre appannaggio del “clero”; ma allora, forse, in quanto detentore di qualche verità — altrimenti perché scrivere un articolo come questo? — si considera egli stesso come facente parte di una sorta di “clero”? E quale, quello dei giornalisti? Che in effetti, sono sia “distinti”, sia “retribuiti”.
•[A·2]• «[…] quelli che credono in una divinità […] sono infinitamente più cauti degli atei»: affermazione assai discutibile, e del resto è lo stesso Scalfari ad ammettere poco oltre (nello stesso cpv.) che le guerre di religione hanno per millenni insanguinato il mondo.
•[A·3]• «[…] il loro Io [degli atei secondo Scalfari] reclama odio e guerre intellettuali […] È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione […]»: ma di cosa sta blaterando? Che cosa sarebbe questo Io “che li guida” come se fosse qualcosa di esterno? Il mio “Io” non sono io? E l’Io di Scalfari che cos’ha da dire in proposito? Non è forse lui (o piuttosto esso, l’Io) a costringerlo a scrivere articoli di questa fatta?
•[A·5]• «[…] c’è una terza posizione […] i non credenti»: ma nel cpv. iniziale (A·1) non aveva definito l’ateo proprio come «…una persona che non crede in nessuna divinità, nessun creatore, nessuna potenza spirituale»? Allora che distinzione ci può essere tra un ateo e un non-credente? Forse differiscono per il “modo” di non credere?
•[ivi]• «Non credono [i non credenti secondo Scalfari] a una divinità trascendente, per quanto riguarda l’aldilà suppongono l’esistenza di un Essere […]»: che pasticcio, “suppongono” invece di credere? Non “trascendente” ma “per quanto riguarda l’aldilà”? Ma si rende conto, Scalfari, di star straparlando (o piuttosto “strascrivendo”)? Le frasi che seguono riecheggiano vagamente la distinzione heideggeriana tra Essere ed Ente (la famosa “differenza ontologica”).
•[A·6]• «[…] nell’antica Ellade, due filosofi […] Parmenide ed Eraclito»: perché Ellade e non Grecia? Sebbene Ellade richiami il nome antico (Ellas), comunque le 2 dizioni identificano la stessa area geografica; inoltre è da rilevare che Eraclito (535 – 475 a.e.v.) era in realtà nativo di Efeso, in Anatolia, mentre Parmenide (m. 450 a.e.v.) era di Elea, nell’attuale provincia di Salerno. Nessuno dei due era dunque a rigor di termini cittadino dell’Ellade, sebbene senza dubbio siano vissuti entrambi in un ambiente culturale (linguistico e sociale) greco.
•[A·7]• «Ammetto qui la mia incompleta informazione culturale […]»: ma una ricerchina su internet no? Poi perché “informazione” e non piuttosto “formazione”? Se uno non è “informato” si può ancora informare (supponendo che il tempo non gli manchi); se invece non è “formato”, all’età di Scalfari, ci sono ormai poche speranze.
•[ivi]• «[…] i due filosofi [Eraclito e Parmenide] appartengono alla stessa epoca e alla stessa terra […]»: vedi quanto annotato al cpv. precedente, nessuno dei 2 era propriamente nato né vissuto in Grecia, il 1° nell’Italia meridionale, il secondo nell’attuale Turchia.
•[ivi]• Nel testo originale: «[…] ma non credo che […] e tanto meno se […]»: svista nell’editing del testo (forse era all’origine “non so se”), oppure anacoluto intenzionale?
•[A·8]• «Ciascuno può mettere una sola volta nella sua vita i piedi nell’acqua del fiume»: in realtà pare che il frammento di Eraclito sia «non potresti entrare due volte nello stesso fiume», e che si tratti dello “stesso” fiume è essenziale per il senso che all’affermazione intende dare Eraclito; probabilmente Scalfari cita a memoria, ma si ricorda male.
•[A·9]• «[…] la carezza della morte, che uccide una singola forma […]»: forse intendeva essere un’espressione poetica, ma… la morte, uccide? La morte non è l’atto di morire, sostantivato? È un po’ come affermare che la corsa corre, o che la frenata frena.
•[ivi]• «[…] uccide una singola forma ma non la sua indistruttibile energia»: ma come farebbe una “indistruttibile energia” ad essere uccisa? C’è da sospettare che Scalfari capisca ancor meno di fisica che di filosofia. Il guaio è che non sembra rendersene conto.
•[A·10]• «Questi sono […]»: ma non stava parlando di Eraclito? Chi sono “questi”, oltretutto “ciascuno a suo modo”? Sottile — ma non per questo meno pericolosa — dissociazione. A meno che non sia stato soppresso del testo. L’effetto dissociativo è comunque lo stesso.
•[ivi]• «[…] un aldilà dominato da una divinità trascendente delle religioni […]»: ovviamente le religioni per Scalfari sono esclusivamente quelle monoteiste. Lo conferma del resto anche l’inizio del 2° cpv.: «Anche quelli che credono in una divinità (cioè l’esatto contrario degli atei)…». Dimentica però che per migliaia di anni le religioni sono state di tutt’altro tipo e neppure fondate sulla “trascendenza”, e che di queste ne esistono tuttora in diverse parti del globo. Ma è anche chiaro che il suo articolo è inteso per un pubblico di lettori italiani, quindi non c’è da stupirsi più di tanto, considerata l’ingombrante vicinanza del Vaticano.
•[ivi]• «[…] non credono al nulla nichilista […]»: poiché “nichilista” viene da ‹nihil›, latino per “nulla”, l’espressione potrebbe sembrare pleonastica e ridondante. In realtà “nichilista” — termine coniato alla fine del XVIII secolo — viene utilizzato per indicare coloro che non credono in alcun sistema di valori, fino a negare persino l’esistenza di una realtà oggettiva (vedi wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Nichilismo); l’aggettivo “nichilista” si riferisce dunque al soggetto (gli atei) e non all’oggetto (il nulla). Ma se così è, anche l’altro aggettivo “prepotente” si riferisce agli atei e non al loro nulla. Del resto, anche nel 4° cpv. li aveva definiti «…provocatori, rissosi e calunniosi», e nel 3° aveva affermato che «…non sanno di essere poco tolleranti…», e anzi che «…il loro Io reclama odio e guerre intellettuali…»; c’è da chiedersi chi siano mai questi “atei” che popolano gli incubi notturni di Scalfari.
•[ivi]• «In realtà è un Io [quello degli atei di Scalfari] che non pensa […] e non si vede operare e non si giudica. Così è un Io di stampo animalesco»: ma “un Io che non pensa” non è al contrario proprio quello dei credenti, che appunto invece di pensare si accontentano di credere? Scalfari persegue qui smaccatamente il proposito di rovesciare la realtà, di affermare il suo esatto contrario, che sarebbe in termini psichiatrico-psicoterapeutici quel che si chiama una “negazione”… se fosse inconsapevole. C’è invece da sospettare che sia perfettamente consapevole, e in questo caso si tratta di una bugia, di una “menzogna”. Ma allora il “calunnioso” è Scalfari, non gli atei — che si tratti dunque di una “proiezione”? — e forse è assai più vicino lui (e sa di esserlo) allo scimpanzé che menziona nel finale.
•[ivi]• «[…] lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene»: errore. La nostra specie non proviene affatto dallo scimpanzé. Semmai hanno un progenitore comune, ma tutte le specie sulla Terra, in fondo, pare ce l’abbiano.
_____
http://espresso.repubblica.it/opinioni/vetro-soffiato/2017/07/19/news/atei-militanti-perche-sbagliate-1.306444
https://spogli.blogspot.it/2017/07/questo-e-lartico-acui-fa-riferimento.html
¯¯¯¯¯